Rassegna Antiquaria, la mostra d’arte e antiquariato in programma dall’1 al 10 novembre al Centro Fiera di Montichiari, si arricchisce di un importante mostra collaterale dedicata ad un insolito e intrigante confronto tra due protagonisti dell’arte italiana. “Segni e colori su carta” – questo il titolo della collaterale – offrirà uno sguardo in parallelo all’opera di Giorgio De Chirico e Mario Sironi.
Un confronto fra due dei maggiori artisti italiani che hanno avuto un percorso temporale molto simile, ma un percorso di ricerca diverso. La loro importanza rimane fondamentale per la storia dell’Arte italiana e internazionale. La nascita della pittura metafisica avviene a Firenze nel 1910, più tardi De Chirico conosce il pittore futurista Carlo Carrà, con cui inizia il percorso che lo porta a perfezionare i canoni della pittura metafisica e a tracciarne le teorizzazioni. Sironi nei primi anni Dieci si avvicina al Futurismo, ma nel 1922 quando si trasferisce a Milano ha già lasciato questa corrente e nascono in questo periodo i suoi famosi paesaggi urbani (da subito molto ricercati dai collezionisti). Nel dicembre 1922 fonda, con altri artisti il “Novecento Italiano”: animato dalla Sarfatti, il movimento aspira a una “moderna classicità”. Sironi coltivava il mito dell’antico ma nella convinzione di poterlo resuscitare nel presente. Attraverso i suoi scritti teorizza la funzione pubblica dell’arte che deve essere monumentale e murale, didattica, contrapposta alla pittura da cavalletto e da salotto.
L’idea che De Chirico ha invece dell’artista è romantica e elitaria, ispirata dal Romanticismo tedesco. L’arte coincide con l’intelligenza filosofica e il suo compito non è illustrare la realtà, bensì evocare il mistero e l’enigma che non appare a tutti e sta oltre la superficie del visibile. Negli anni Trenta Sironi si dedica sempre più alla grande decorazione. La pittura murale diventa per lui un modo radicalmente diverso di pensare l’arte. La grande decorazione infatti è un’arte indipendente dal possesso individuale e dal collezionismo privato, perché si incontra per le strade, nelle piazze, nei luoghi di lavoro. Tuttavia per Sironi la pittura murale non deve mai cadere nella propaganda. In questo senso la sua pittura murale, pur avendo dato espressione all’ideologia fascista ne è per molti aspetti indipendente, proprio per il suo valore stilistico e formale.
De Chirico negli anni Trenta si stabilisce prima a Parigi, poi a New York dove collabora anche con le maggiori riviste di moda del tempo e lavora come decoratore di interni assieme a Picasso e Matisse. Nella sua arte si fa sempre più sentire un’originale e romantica interpretazione della classicità e un interesse per la tecnica dei grandi maestri rinascimentali. Continua a dipingere contemporaneamente opere di atmosfera metafisica e di impianto tradizionale come nature morte, paesaggi, ritratti ed interni in costante opposizione con le tendenze dell’arte contemporanea. Negli anni cinquanta la sua pittura è caratterizzata da autoritratti in costume di tipo barocco e dalle vedute di Venezia.
Mario Sironi nel secondo dopoguerra oltre alla disperazione per il crollo delle sue illusioni civili e politiche aggiunge lo strazio per il suicidio della figlia Rossana, che si toglie la vita a diciotto anni nel 1948. Non smette comunque di lavorare. Alla sua incredibile energia costruttiva si sostituisce però uno sfaldarsi delle forme e un allentarsi della sintassi compositiva. In questi anni rifiuta polemicamente di partecipare alle Biennali di Venezia, impedendo anche ai suoi collezionisti di prestare le opere, ma continua a esporre in Italia (Triennale di Milano, 1951; Quadriennale di Roma, 1955) e all’estero (mostra itinerante negli Stati Uniti, con Marino Marini, nel 1953). Nel 1955 esce la monografia, tuttora fondamentale, “Mario Sironi pittore” di Agnoldomenico Pica. Nel 1962 Pica a ricordo del Maestro che muore nel 1961 organizza una grande personale alla Biennale di Venezia “La Biennale targata Sironi”.